Rap una storia italiana paola zukar

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Rap  una storia italiana   paola zukar

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I SAGGI © 2017 Baldini&Castoldi s.r.l - Milano ISBN 978-88-6865-081-0 Art director Mara Scanavino Graphic designer Alberto Lameri Copertina e tavole interne di Corrado Grilli www.baldinicastoldi.it BaldiniCastoldi baldinicastoldi baldinicastoldi baldinicastoldi Paola Zukar RAP Una storia italiana INDICE Introduzione Prefazione «L’ETÀ DELL’INNOCENZA» La scoperta del rap La nascita dell’hip hop In Italia I limiti del rap italiano L’Italia è l’Italia Il messaggio nella musica Iniziare non è mai facile L’arte dell’hip hop L’importanza dell’identità culturale Sindrome di fine millennio: il Duemila Il fascino dell’autodistruzione 1, 2, 1, 2, la fondazione In cerca di un nuovo pubblico Il rap è americano? Corsi di aggiornamento Rap o hip hop? Il rap americano da noi è scomparso Rap italiano Si riparte ancora una volta, 2006 Nuovi leader Il grande salto Il colore dei soldi Il rap italiano non è mai arrivato all’estero Alleanza latina Bei momenti Ripagati in pieno Un’altra chance Big Picture Management GLI ARTISTI Fabri Fibra Quanti squali ho attirato il mio sangue in copertina? Alto tradimento Da tradimento a bugiardo Machiavelli e Foscolo Marracash Fraintendere Marracash L’arte della scrittura Ritorno al futuro 2015: lo status e lo squallor del rap vero Lo spettacolo è finto di brutto Clementino e la prova del nove Napoli e la modernità Andiamo a Sanremo, Sanremo! L’ITALIA NON VUOLE IL RAP La stampa e il crollo Una moda passeggera Tv, sorrisi, canzoni e censure Parental Advisory Explicit Lyrics Pop e controcultura Commerciale al cubo Mercato e discografia Punti di riferimento La radio Web e rap Blog sul rap Chi scrive di rap in Rete? La questione dei soldi Legale, illegale A chi importa? L’anomalia Società italiana autori ed editori Etichettare la musica Giornalismo e rap Italy Full of Shit Il rap nella Tv italiana Il rap va ad Amici, ma non al Primo Maggio Poche occasioni La motivazione La produzione musicale, il ghostwriting e l’originalità Un suono competitivo Rispettare i contenuti e la forma IL PAESE È QUESTO QUI Classico Il prezzo da pagare Nuove proposte La porta delle stelle Fuori dalla trappola – 2016 e oltre Dall’altra parte Crossover Leale col gioco CONCLUSIONI Occhio al rap Il rap e il mito dell’eroe Grazie INTRODUZIONE Ciò che ho scritto in questo libro è il mio punto di vista sul percorso del rap nel mainstream nel decennio dal 2006 al 2016 in Italia Mi sono focalizzata in particolare su questo periodo e prenderò soprattutto in considerazione lo sviluppo artistico nonché economico della musica rap nel nostro Paese, grazie al ruolo che ho avuto la mia agenzia di management, Big Picture Mgmt Non ho né la pretesa né la possibilità di essere esaustiva circa la lunga storia e i molti protagonisti di questo genere Chi fosse interessato ad approfondire altri aspetti e protagonisti di questo movimento artistico può cominciare dal dvd Numero Zero di Enrico Bisi (Feltrinelli) e dai libri di Damir Ivic, Storia ragionata dell’hip hop italiano e di Luca Bandirali, Nuovo rap italiano La rinascita del rap PREFAZIONE I came here to raise hell, I can’t lie Jon Connor, One Shot One Kill, «Compton», 2015 Nel 2006, quando ho deciso seriamente di aprire la prima agenzia di management dedicata esclusivamente ad artisti di musica rap, c’erano un mucchio di cose che ignoravo completamente Sapevo solo qual era il disegno che avevo in testa e conoscevo il percorso che mi aveva portato fino a lì, ma erano senz’altro più le domande che le risposte Il mondo della musica era ancora un puzzle di migliaia di pezzi e per metterli assieme avrei dovuto studiare molto, chiedere aiuto e soprattutto sperimentare, sbagliare e imparare Tutto quello che ho imparato e costruito l’ho fatto grazie ad alcune persone speciali che ho incontrato sul mio percorso a cui ho chiesto fiducia, ottenendola incondizionatamente Primi fra tutti Fabrizio Tarducci aka Fabri Fibra e Fabio Rizzo aka Marracash Loro hanno creduto nelle mie capacità senza bisogno di alcuna prova o garanzia ed è così che ci siamo lanciati in questa avventura: senza aver nulla da perdere Quello che mi affascinato maggiormente in questo percorso lungo dieci anni sono le storie delle persone che ho incontrato e le dinamiche di questo ambiente di lavoro, unico nel suo genere Queste storie raccontano molto della vita, del lavoro in Italia e di cosa significa creare qualcosa di nuovo e inedito in questo Paese così unico, in questo periodo storico così particolare Nel bene e nel male Perché il rap e il suo mondo sono un microcosmo, una lente attraverso cui osservare pregi e difetti di un macrocosmo enorme, in cui l’Italia e gli italiani si mettono in mostra per quello che sono e per quello che cercano di diventare RAP Una storia italiana promuovere ovunque, mentre i testi rap «volgari, oltraggiosi, violenti», da non passare in radio o in Tv, sono da relegare al web, passibili di censura, come al Primo Maggio E alle volte basta un «vaffanculo al rallentatore» per diventare rap oltraggioso Non si è semplicemente capito che certi artisti e alcuni loro testi sono adatti a un pubblico veramente giovane, mentre altri non lo sono e, anche se condividono lo stesso genere in senso ampio, non sono fatti per stare negli stessi identici contenitori poiché non condividono lo stesso pubblico La risposta del mercato su tutti i livelli (dall’underground alla Tv di prima serata) è stata quella di riempire queste richieste creando, invece di un’altra Tranne te , una serie di rapper per un pubblico giovane: Moreno, Emis Killa, Fedez, Madman, Gemitaiz, Fred De Palma, un J-Ax reloaded, Salmo, E-Green, Maruego e Mezzosangue ad esempio, e ancora una new wave di giovani rapper che cercano di stare in equilibrio tra la rincorsa del successo, il messaggio e l’autenticità, come Ghali, Izi, Sfera, Tommy Kuti Tutti questi artisti, indipendentemente dalla fattura, dal messaggio e dalla qualità della loro musica, si riferiscono a un pubblico che segue questa nuova onda di rap ascoltata soprattutto da teenager, cioè ragazzi e ragazze dai 13 19 anni che partecipano firma copie, live e alle interazioni sul web più che attivamente Ma la trap iniziano a mostrarsi all’orizzonte alcune vitali differenze La porta delle stelle Look what you’ve done, I’m a motherfucking starboy The Weeknd, Starboy, «Starboy», 2016 Il successo, dicevamo, è come uno Stargate, la porta delle stelle, si apre per un attimo e chi passa, passa Nel 2013 sono passati numeri del pop Fedez, Emis Killa e Moreno C’è da dire che il mercato discografico abbracciato il rap per mille motivi Uno dei tanti è che in Italia vendono molto gli artisti che hanno una certa età, e che per impostazione e formazione non accetteranno mai una riduzione dei propri budget, anche perché poi vendono davvero, visto il pubblico maturo che ancora compra il cd Ma il tempo non è dalla loro parte, lo streaming sta conquistando il nuovo mercato discografico e le case discografiche hanno trovato nel rap un genere a cui si può lavorare a budget più ridotti E rischi anche di trovarti la sorpresa: Cigno nero fatto oltre 50.000.000 visualizzazioni su YouTube in tre anni, dal 2013 al 2016 Calcolando più o meno 1500/2000 euro a milione, possiamo fare il calcolo Sono 100.000 euro solo da Google unicamente per questo brano da suddividere tra discografica e artista in parti «misteriose» (attenzione, dopo che le tasse e lo Stato Italiano si portano via circa il 45-47% della cifra totale) È anche un mercato fisico che si restringe nel suo complesso, diventando sempre più liquido e i dati affermano che il 2013 è considerato il primo anno in cui si è registrata una crescita del 3%, la prima volta da moltissimo tempo a questa parte, tutto grazie allo streaming (e un po’ al redivivo vinile) La FIMI però nel frattempo ulteriormente abbassato i parametri delle certificazioni; in pratica da gennaio 2014, il disco d’oro è fissato a 25.000 copie e il platino a 50.000 In UK siamo ancora a livelli accettabili, 100.000 oro e 300.000 platino, negli USA si ragiona: mezzo milione per l’oro, un milione per il platino Nella fascia di alta vendita troviamo oggi pochissimi nomi: sopra le 400.000 copie si spingono ormai i soli Tiziano Ferro, Jovanotti, Ligabue, Vasco Fra le 400 e le 300.000 si collocano Laura Pausini (tolte le vendite all’estero) e Zucchero Appena sotto si va dai Modà al roster di Amici, fino al teenage rap, che sfonda la barriera delle 100.000 e va a sfiorare quella delle 200.000 e talvolta a superarla Il rap non edulcorato, che passa poco in radio e pochissimo in Tv, nel 2015 in Italia, è d’oro Niente di più e niente di meno Questo per avere chiare le dimensioni del fenomeno Una generica fama non equivale a vendere Anche stare in televisione non equivale a vendere Anche passare molto in radio, vedi i casi di Nina Zilli, Giusy Ferreri e Giorgia, non equivale a stravendere o a staccare migliaia di biglietti live La classifica ufficiale subisce costanti cambiamenti e fa fatica ad adeguarsi a nuovi metodi che non siano più basati sulla «vendita»: la musica non si compra e non si vende più Si ascolta E le classifiche di tutto il mondo stanno cercando di capire come adeguarsi a questi utilizzi guidati dallo streaming e sempre più lontani dall’oggetto fisico (ormai sensato se diventa gadget) o dal download (ormai spacciato a causa degli spazi mai sufficienti dei nostri device): lo streaming è una radio on demand sempre più vicina agli ascoltatori, customizzato nei più minimi dettagli quasi in grado di precedere i nostri gusti o consigliare e guidare il nostro ascolto sempre maggior precisione Il futuro sarà probabilmente una «classifica di popolarità» più che di vendita: quantità di stream, cuori di Instagram, pollici di Facebook, visualizzazioni di video, lip synch di musical.ly, passaggi in radio e imperscrutabili nuovi canali di distribuzione dovranno intrecciarsi in algoritmi sempre più complessi e indefinibili Sempre attenti alla lotta contro il fake, a chi compra views e follower per aumentare la propria visibilità non acquisita regolarmente Alla fine, purtroppo, quello italiano è sempre un mercatino Si comprano pochi dischi, poche riviste, pochi giornali e pochi libri Andiamo avanti a televisione, web e radio, vale a dire tutto «gratis» Adesso anche case discografiche come la Warner, storicamente disinteressate al genere, investono un pochino sul rap, anche se in questi anni il loro successo teen più importante è quello tradizionalmente pop di Benji & Fede, non imputabile né al rap, né talent show, bensì al web Le case discografiche, non potendo più investire grandi budget sull’A&R, hanno pensato di virare sui talent o pescare tra artisti rap che il lavoro da A&R se lo fanno da soli via web: entrambi costano poco, contenendo così i rischi Se tu fai flop uno che ti è costato dai 20.000 40.000 euro di recording budget non è grave, semplicemente lo mandi via e ne provi un altro Nell’ottica delle multinazionali ci sta Consideriamo anche il fatto che il rapper dovrebbe scriversi da solo i pezzi, quindi non c’è necessità di farli affiancare da una serie di autori E un contratto discografico tendi sempre a portarti via anche il contratto di edizioni, anche a fronte di investimenti e impegni anche da quella parte Il lavoro di A&R è importantissimo, ma oggi è delegato quasi completamente alla Tv che crea e mischia di fronte alle telecamere tutti i talenti a cui riesce a dare un volto televisivo Le case discografiche non riescono quasi più a ottenere grandi successi se non grazie alla Tv, al rap o addirittura a un mix dei due Per il resto è un lunghissimo cammino incerto arso dal web che consuma le sue nuove scoperte in pochissimo tempo e occorre essere davvero veloci ad acquisire nuovi talenti che possano garantire ampie fette di mercato Fuori dalla trappola – 2016 e oltre So now you back in the trap, just that, trapped Big Boi, SpottieOttieDopalicious, «Aquemini», 1998 Inoltre il rap costa poco e può rendere molto e si può produrre cifre minime È il genere perfetto per lo stato di crisi attuale Dopo aver visto cosa succede rapper che hanno la pretesa di avere un rapido riscontro mediatico nazionale nonché un massiccio risultato di vendite, alcuni mc hanno provato un approccio meno diretto al successo, meno spavaldo e hanno coltivato la loro musica solo nel web, in un territorio né aggressivo né moralista nei confronti dei loro contenuti e nel loro modo di essere (al netto degli haters), forti di un pubblico dei pari già presente in forze e pronto ad accogliere a braccia aperte il loro messaggio Il successo del rap, della sua forte componente innovativa e «contro» che porta in sé, si manifesta ancora una volta prepotentemente nel 2016 la versione italiana della trap Ragazzi giovani dai 18 25 anni che si cimentano un rap più melodico ma che non c’entra nulla il pop italiano, bensì mutua canoni stilistici precisi dalla scena statunitense ed europea, soprattutto francese La trap modifica per l’ennesima volta le metriche tradizionali per renderle più musicali, ipnotiche, lisergiche, oniriche, arrivando talvolta a stravolgere perfino il concetto di tempo Alcuni rapper, sulla trap, non vanno nemmeno a tempo, ma fanno qualcosa di nuovo e anche di «bello» Non sempre riesce, in effetti, ma gli esperimenti riusciti sono molteplici Le metriche e le voci vengono immerse nuovamente nell’autotune di cui Jay-Z aveva decretato prematuramente la morte nel 2009, D.O.A (Death Of Autotune) Le strumentali subiscono il fascino del South, della West Coast, dell’incredibile e inconfondibile, bellissimo, magico suono della batteria 808, della lean (il bibitone porpora «lanciato» nel mainstram da Lil Wayne e DJ Screw che mischia gazzosa o Fanta e sciroppo alla codeina per rallentare e deformare la percezione del tempo reale, nonché musicale) La trap riprende per il rap lo spazio nei club americani che per un attimo era stato occupato dall’EDM: tutti ballano o mimano la trap e sul web c’è un’invasione di ragazzini e ragazzine vestiti di tutto punto la cui parola d’ordine è coolness, swag Nei versi si citano brand street come Supreme o di moda come Versace, Balenciaga e Gucci; si intitolano canzoni nomi di personaggi noti, da Tom Ford a Wyclef Jean, fino nostri YouTuber Il rap, la trap, s’impone di essere ultracool e proiettato più sull’immagine, sulla fama, sul disimpegno, il nichilismo, un piede sulla strada e uno verso la via d’uscita Le trap house del crack degli anni Novanta e Duemila dove si imparava la legge dello spaccio fino a rimanerci materialmente intrappolati sono solo un’immagine sbiadita che passando di parola in parola perde ogni significato I testi nel 2016 sono diretti, realistici anche quando nascono solo da fantasie: in Italia la trap attecchisce tra il 2015 e il 2016, ancora una volta grazie al web, soprattutto a YouTube Grazie anche al lavoro dell’etichetta Roccia Music, in versione 2.0, grazie a Marracash e Shablo che appoggiano subito Sfera Ebbasta di Milano, Achille Lauro di Roma, IZI e Tedua di Genova Grazie anche alle strumentali originali, pure e cristalline di Charlie Charles, il produttore di Milano che taglia e cuce su misura un suono nuovo e fresco per giovani rapper nazionali ma sono tantissimi i ragazzi che si cimentano questo sottogenere del rap, in tutta Italia Sfera firmerà poi la Def Jam italiana, mentre Ghali (l’esponente di maggior successo un passato di molta gavetta e un team decisamente intraprendente e finalmente multietnico) continuerà la sua interessantissima corsa in solitaria Il 2016 inizia a essere vagamente pronto per un’indipendenza del rap che vuole rimanere tale e non vuole più sciogliersi nel mieloso pop italiano Intanto Tommy Kuti è il primo afroitaliano a firmare una major, ad aprire la strada di un investimento che l’etichetta fa su un ragazzo nato ad Abeokuta, in Nigeria, e cresciuto da sempre in Italia Il primo di tanti altri che verranno Perché il mondo è cambiato, come dice lui stesso nel mirabile singolo #afroitaliano E la radio ancora non passa il rap nel 2016 Ripeto: la radio non passa il rap Lo scrivo due volte perché non riesco a crederci Alla terza generazione di rap di successo, le radio mainstream in generale snobbano il rap Dall’altra parte Crossover La scena musicale afroamericana, tra rap e melodia, sembra aver trovato una propria identità più larga nell’adesione a delle forme che travalicano i generi e mettono insieme gente diversissima Penso a un pezzo come 23 di Mike Will Made It, Miley Cyrus, Wiz Khalifa e Juicy J, ma ce ne sono tanti altri, si potrebbe citare l’ormai consolidata collaborazione di Eminem Rihanna Senza contare che esistono figure come Drake veramente crossover di per sé: Drake canta molto bene, oltre a fare rap e il suo pezzo di maggior successo a oggi è Hotline Bling, un brano in cui più che rappare, canta Oltre a saperlo fare, può anche permettersi di farlo e anche se qualcuno gli chiedesse «Ma tu fai rap o canti?» o quando Meek Mill mette in dubbio la sua autenticità di autore dei propri testi, Drake replica un micidiale 1-2 come Charged Up e Back Back Tutt’altro che pop Drake però oscilla furbamente dal pop al rap a seconda del contesto in cui si trova, in maniera molto camaleontica, producendo musica da consumo e battendo il record assoluto di stream nel mondo Senza poter capire se di tutto ciò qualcosa resterà Magari Eminem chiama Rihanna e fa il singolo, dopo di che il suo album è tutto un’altra cosa C’è il lavoro sui singoli e il lavoro sull’album, e non solo a livello musicale A certi livelli anche la strategia di marketing è questione di maestria Ormai quasi di arte, anche se a dirlo si rabbrividisce un attimo Creare hype su un artista e di conseguenza su un disco ormai è una questione ampissima: lo fai quasi più Facebook, Twitter, la Tv e il gossip che la musica vera e propria Qui funziona diversamente In questo ambito ci sono enormi differenze tra Italia e USA Da loro esce il pezzo di Snoop Dogg o di Wiz Khalifa prodotto da Guetta, ed è una forma di contaminazione Da noi funziona così: Italia e cassa dritta, ok Italia e ritornello melodico italiano, ok Italia e rap, non va bene È sempre il rap che non va bene i suoi temi e vocaboli XXX, i suoi ritornelli non cantati In passato, una delle vie che abbiamo utilizzato per consolidare questa posizione di forza che il rap italiano sembra attualmente possedere è quella di entrare in rapporto dialettico altri generi, il pop su tutti: peccato che ora pubblico e media vogliano più che altro quell’ibrido e non riconoscano il rap come la radice a cui tornare sempre E qui non ci sono Rihanne In America queste escursioni nel pop ci sono sempre state storicamente: già nel lontano 1985 i Run DMC intitolarono il loro secondo album «King Of Rock», mentre nel terzo album del 1987 andarono direttamente in studio gli Aerosmith in persona per portarsi a casa un’enorme fetta di nuovo pubblico incontaminato Il rock allora era popolarissimo e avrebbe concentrato molta attenzione su «Raising Hell», un album strettamente rap, dall’inizio alla fine, nonostante Walk This Way e nonostante Rick Rubin Le collaborazioni il pop rappresentano l’ultima decisiva frontiera verso l’espansione del pubblico di questo rap italiano, fino a che non gli preso completamente la mano L’elenco è lunghissimo, Fibra collaborato Elisa, Tiziano Ferro prodotto Baby K e realizzato lei un duetto di platino, Killer; Fedez è andato primo in classifica Francesca Michielin per ben due volte, ma anche intercettato Elio e Le Storie Tese, Mika, perfino Ariana Grande Poi nel 2014 succedono altre cose: Fiorella Mannoia nell’album di Moreno, Eros Ramazzotti, Federico Zampaglione, Mario Biondi e Maccio Capatonda (!) in quelli di Rocco Hunt Clementino Jovanotti, Negrita e Pino Daniele (rip) Marracash Neffa e Ferro, J-Ax Il Cile e Bianca Atzei, i Dogo Arisa Si sta andando in una direzione molto simile, in fondo, a quella dell’industria americana del rap, collaborazioni e commistioni continue fra i generi, anche se qui poi il rap che i media vogliono è quello meno fastidioso e controverso, quello che nella loro ottica, non faccia cambiare canale Pop quindi Secondo me è una strada possibile e interessante solo se si tratta di escursioni, di episodi, di idee creative che necessitano davvero di un intervento differente, ma non può essere la regola, altrimenti il rap si perderebbe inevitabilmente nel pop Ci sono delle forti differenze la scena americana Lì questo approccio altri generi sempre funzionato, pensiamo all’impatto di Stronger di Kanye West che rielaborava i Daft Punk Il rap americano è sempre stato un genere contaminante e contaminato, dai primi campionamenti dei Kraftwerk in poi Consideriamo che un genere cui il rap dialoga da sempre negli Stati Uniti è l’R&B che deriva dallo stesso albero genealogico, ma in Italia l’R&B è praticamente inesistente e il pop italiano, pur essendo melodico è lontano anni luce da certa audacia e sensualità esplicita Purtroppo, per compiacere il pubblico italiano occorre rendere il rap romantico, nostalgico, innocuo, spensierato Tutte caratteristiche piuttosto distanti dall’albero genealogico del rap Leale col gioco Showed love to you ni**as, You ripped out my heart And you stepped on it, I picked up the pieces, before you swept on it God damn this shit leaves a mess, don’t it What you when the love turns to hate? Gotta separate from these fuckin’ fakes Jay-Z, Kanye West, Why I Love You, «Watch the Throne», 2010 In ogni caso, la prima, e forse unica, vera regola ascritta del management artistico viene dalla patria dell’imprenditoria musicale, gli Stati Uniti ed è: «Love the music, never fuck the artist», amare la musica, mai fottere l’artista E s’intende sia in senso letterale, sia in senso metaforico per un motivo fortemente pratico: fottere i propri artisti significa in italiano «strozzare la gallina dalle uova d’oro», cioè uccidere la fonte del proprio guadagno e farsi la peggiore pubblicità possibile Mai fare creste, mai eccedere alla percentuale stabilita dal contratto, mai indulgere su spese inutili È tanto stupido quanto controproducente se si intende fare questo lavoro seriamente e per lungo tempo È normale che gli insuccessi e i fallimenti provochino risentimento e astio, ma se la linea di comportamento è corretta non c’è nulla di cui preoccuparsi, anche se qualche rapporto naufraga Proprio come nelle strofe di Why I Love You di Watch the Throne, che racconta dal punto di vista di Jay-Z la sua esperienza la Roc-A-Fella, poiché la storia si ripete sempre uguale Le categorie le quali un manager si trova a lavorare sono: gli artisti e i cantanti I primi aspirano a dire veramente qualcosa, a creare qualcosa che non c’era prima di tutto il resto, prima dei soldi, prima del successo e della fama, hanno l’urgenza di creare qualcosa partendo da ciò che hanno da dire, da dentro, per coinvolgere gli altri, per dare e lasciare qualcosa I cantanti sono appassionati di musica a cui piace questo mondo, piace interpretare al meglio parole anche di altri e l’idea di andare in tour, di fare le foto il loro pubblico, di creare una gratificazione personale importante, essere noti e famosi A queste due tipologie, corrispondono anche due tipologie di manager Un management funziona se nel team ci sono un buon avvocato e un buon commercialista e alla base del lavoro gli artisti ci deve essere la passione, prima di tutto Questi i semplici fondamenti Il resto sono tutte variabili in costante evoluzione Non è un lavoro facile perché oltre a una parte solida e stabile come quella amministrativa, è necessario anche un lato molto istintivo che riesca a far combaciare la propria visione del lavoro la carriera dei propri artisti, altrimenti il rapporto sarà burrascoso e brevissimo Valorizzare il talento e l’impegno dei propri artisti è lo scopo definitivo del nostro lavoro e senza una visione comune, dopo poco diventa impossibile portare avanti assieme il percorso CONCLUSIONI Occhio al rap La mia ignoranza interessa più della tua cultura Ghali, Wily Wily, 2016 Già il fatto che un artista giovane come Ghali sottolinei questo tema, lo rende speciale e degno di nota Ignoranza contro cultura Una battaglia impari in un Paese a forma di villaggio turistico oltre 7500 km di sviluppo costiero che votato per vent’anni un personaggio televisivo confondendolo uno statista E il presente politico ed economico non punta certo alla crescita o alla speranza di un concreto cambiamento in meglio, ma assomiglia piuttosto agli ultimi minuti di un match alla Royal Rumble Tutti gli artisti cui lavoro credono prima di tutto nella musica e nel messaggio nella musica, mettendoli sempre al primo posto nella loro carriera Penso che anche la Ferrero, dopo la Seconda guerra mondiale, credesse fortemente nel cioccolato e in quello che rappresentava a livello nutrizionale per un Paese che usciva pelle e ossa dal conflitto mondiale Ma poi, negli anni Settanta, hanno iniziato a mettere quei giochini di plastica colorati da montare dentro a un cioccolato «più latte e meno cacao» a due colori e hanno iniziato a vendere più i giochini che il cioccolato perché è diventato una «cosa da bambini» E questo è il marketing Ma la Ferrero lo sa sempre fare il cioccolato, anche se la gente compra più volentieri i giocattolini di plastica Ecco, credo che il rap e non solo, siamo arrivati alla resa dei conti, agli anni dell’introduzione dei giochini di plastica e ci dobbiamo confrontare oggi la convinzione che il rap debba essere fatto e pensato per un pubblico di bambini Il rap in realtà non è mai stato pensato come genere musicale esclusivo per bambini, né per neri o per bianchi: i suoi contenuti, la sua immagine, la sua parte ribelle è per chi sa capirla, per chi sta prendendo una propria strada, per chi sta crescendo davvero, diventando anche altro Alcuni giornalisti bacchettano i rapper per le parolacce (ma quando mai si è vista all’estero una cosa del genere?!?), alcune persone li giudicano male per certi contenuti e per un certo immaginario che portano sé, quasi fossero dei censori o dei moralisti del comitato dei Genitori, ecco perché approvano bellamente i rapper allo zucchero filato, rapper che dichiarano che non sono davvero rapper, ma che per tutti però rimangono rapper fino a che ispirano novità, simpatia ma mai controversia Quale versione del rap vogliamo creare in questo Paese? Quella di un tipo di rap addomesticato, cucciolone e infantile che piace a tutti, anche agli anziani, grandi e piccini Solo in Italia Triste I Wu-Tang Clan hanno impiegato anni per farsi ben volere dai ragazzini, hanno dovuto perfino arrivare a produrre le magliette scritto «Wu-Tang is for the kids» da tanto avevano stampato addosso un’aura da maledetti, ma l’hanno fatto solo quando hanno iniziato ad avere figli loro stessi È qui che ti accorgi della svolta che devi intraprendere Qui da noi si sentono ragazzi di 25 anni totalmente morigerati, contenuti, politicamente corretti, allineati ed educati nei loro dischi Terrorizzati dal giudizio moralista del pubblico perché spesso è composto da gente che non capisce quello che questi artisti stanno davvero cercando di fare Oppure i ragazzi preferiscono stare nella loro zona di comfort, il web, la loro valvola di sfogo, dove tutto è permesso e i moralisti hanno tutti e due gli occhi chiusi, perché lo considerano una giungla dove ognuno può dire e fare ciò che crede meglio Il rap in Italia cammina su un territorio minato Gli italiani non hanno mai sposato veramente i testi oltraggiosi e controversi e nella nostra storia si contano sulle dita di una mano gli artisti mainstream che la loro musica hanno fatto protesta sociale o denunciato persone o situazioni Non abbiamo avuto Dylan, non abbiamo avuto Doors, né Lou Reed Non abbiamo mai avuto nemmeno i Sex Pistols, né i Clash E se anche li abbiamo avuti, non gli abbiamo mai permesso di avere un ampio riscontro di pubblico, escluse poche eccezioni Davvero troppo poche Il rap si ciba di immagini e personaggi da citare, di nomi e di cognomi, di riferimenti reali benché metaforici Il rap al suo meglio è la musica più vicina alla realtà in assoluto e quando è finto e fatto male, perde immediatamente di credibilità e di valore Fare veramente rap in Italia significa dover essere pronti a difendere i propri testi in ogni situazione Roberto Saviano detto questa cosa estremamente rivelatoria: «La camorra iniziato a minacciarmi realmente, solo quando il libro avuto successo sul serio, non quando il libro è stato pubblicato» Non è per fare un paragone tra Saviano e il rap, ma è proprio il successo che amplifica le cose che dici, che scrivi e che le rende «pericolose», non il semplice fatto di dirle Più la voce è forte, riconoscibile e riconosciuta e più attirerà le attenzioni della censura o delle querela, che sono due facce della stessa identica medaglia Dove non arriva l’una, arriverà l’altra Il rap e il mito dell’eroe And I’m deepening rap, and it’s deeper than rap This is deeper than rap Childish Gambino, Pound Cake (Sway In The Morning Freestyle) Se siete arrivati tutti fino a qui, potete digerire anche questo ultimo paragrafo Quando un movimento artistico un successo mondiale in grado di coinvolgere persone di culture e Paesi differenti, molto spesso va al di dell’immediatezza e della superficie, va nel profondo, toccando la nostra parte più nascosta e inconscia Faccio un esempio noto a tutti: Guerre stellari Il film di George Lucas che nel 1977 cambiato la vita a un’intera generazione planetaria era non solo futuristico e innovatore sotto il profilo degli effetti speciali e della fantascienza, ma aveva in sé il tema fiabesco dell’eterna lotta del bene contro il male che dall’alba dei tempi incanta l’umanità, non una singola nazione La sceneggiatura era stata scritta da Lucas in collaborazione un professore universitario di nome Joseph Campbell, studioso di miti e di leggende nonché scrittore di libri come L’Eroe dai mille volti e Mitologia primitiva Campbell aveva impressionato il giovane Lucas le sue teorie perché mettevano al centro di tutte le storie importanti la figura del mito, dell’eroe, di colui che da migliaia e migliaia di anni entra nelle storie dell’uomo per renderle eterne e adatte a tutti noi, indipendentemente dalla nostra età storica e dalla nostra provenienza geografica Campbell aveva disegnato la struttura della storia assieme a Lucas e, al di degli effetti speciali spettacolari, delle astronavi, dei robot e dei pianeti sconosciuti aveva donato all’epopea di Guerre stellari un’anima in cui tutti gli uomini e le donne del mondo si sarebbero poi riconosciuti Vi è sempre un tema comune a questo genere di storie: l’eroe nasce sempre umile e ingenuo, conosce poi casualmente le sue potenzialità, decide secondariamente di diventare protagonista del suo destino e soprattutto lotta prima contro gli altri e poi contro se stesso, per vincere, ottenendo ciò che gli sta maggiormente a cuore: portare a compimento il suo destino per trovare una ragione di vita prima dell’ineluttabile morte L’eroe rappresenta ogni essere umano che nasce primitivo, istintivo, e attraverso la vita e la conoscenza migliora se stesso per trionfare nella lotta tra il bene e il male e affermarsi consapevolezza di sé e della propria esistenza Non tutti riescono e infatti non tutti sono eroi La maggior parte anzi, si lascia sopraffare dalla vita, dalle sue difficoltà, dalle tentazioni, dalle distrazioni per perdersi nel nulla in cui naufragano la maggior parte degli esseri umani Nel 1997 lavoravo ad Aelle ancora nel garage di via Delle Grazie a Genova e Claudio Brignole aveva appena installato il modem che ci permetteva di collegarci a Internet per pubblicare quello che fu il primo sito italiano di cultura hip hop, www.aelle.it Navigando in Rete, all’epoca ancora molto scarna di contenuti, soprattutto per quanto riguardava il rap, mi sono imbattuta in uno stranissimo saggio, una specie di tesi di laurea che si intitolava «Un’analisi junghiana del mito dell’eroe all’interno della musica hip hop» Il ragazzo che l’aveva scritta si chiama Kenneth Stone ed era un appassionato di rap e di psicologia Ci siamo scritti un paio di email e io ho stampato e conservato il suo saggio illuminante per anni Non ho mai più letto nulla di simile in giro e non ho più trovato traccia né di lui né della sua teoria che sposo in pieno e che vi riporto qui, traducendola e dando credito totale a Ken Stone per lo spunto e la saggezza che la contraddistingue «La musica è uno dei più potenti veicoli di un’espressione “culturale” Il dizionario Webster definisce l’espressione come «la comunicazione di un sentimento, di un’emozione» Quindi l’espressione culturale è un tentativo di comunicare verso l’esterno quelle emozioni vissute all’interno di una determinata cultura Il primo e più importante scopo di un’espressione culturale è quella di essere capita da un pubblico Anche se possiamo ipotizzare che nessuna espressione umana potrà essere davvero compresa fino in fondo, ci aspettiamo tutti almeno un tentativo di comprensione, poiché l’umanità non è altro che un tentativo di comprensione degli altri Questo saggio cerca di offrire uno spunto alla comprensione dell’espressione culturale proposta dalla musica hip hop Nonostante la musica hip hop abbia ultimamente ottenuto un’attenzione mondiale, è una forma d’arte che molto spesso viene trattata disprezzo Molti giornalisti hip hop danno la colpa media bianchi per questo trattamento negativo che l’hip hop riceve, come se si potesse veramente pretendere da parte della classe media bianca un apprezzamento dell’hip hop per quello che è Lo escluderei Altri giornalisti invece prendono una posizione ancora più assurda e radicale, cioè incolpano gli stessi artisti hip hop della reputazione ambigua di cui risente il genere Sembra che questi giornalisti pensino che se Biggie Smalls avesse evitato di parlare di Versace nelle sue canzoni, allora Lil Kim avrebbe indossato dei vestiti senza brand e tutti avrebbero iniziato a scrivere dei testi più «positivi», in modo che la cultura hip hop godesse di una buona immagine In ogni caso, è evidente che questi giornalisti musicali hanno perso di vista il fatto che la cultura hip hop non si circoscrive alla musica, ma è la musica hip hop a collocarsi in un contesto culturale e sociale molto più ampio Quindi, oltre a criticare gli artisti hip hop che esprimono istintivamente il loro mondo e il loro vissuto (anche quando può sembrare adolescenziale, confuso, controverso o ignorante), coloro che si occupano di scrivere di hip hop dovrebbero innanzitutto interpretare i messaggi culturali e sociali che si manifestano all’interno della musica hip hop Considerando l’incredibile quantità di contenuti socio-culturali di cui è ricco l’hip hop, è davvero tragico che i cosiddetti giornalisti musicali si accontentino di disquisire di musica hip hop solo per quanto riguarda i suoi traguardi commerciali o la spettacolarizzazione del genere in sé Questo saggio tenta di penetrare oltre l’immagine dell’hip hop per andare verso il cuore della sua realtà più profonda Utilizzerò il metodo junghiano di analisi dei sogni per cercare di individuare la ricerca di un’autoaffermazione attraverso la lotta e la ricerca di uno scopo presenti nei suoi testi più significativi Il mito dà la possibilità all’uomo di trasformarsi da un’entità anonima e senza forma a un individuo significativo, l’eroe, permettendogli così di dare un senso all’esistenza sua e di chi partecipa alla sua trasformazione che consta di cicli ben definiti e conseguenti Questi costrutti mitici sono rappresentati dal motivo del Guerriero (come nei testi dei Wu-Tang Clan o di Tupac), del Viaggiatore (come testimoniato dai testi dei Tribe Called Quest o degli Outkast) e del Giullare (come nelle parole utilizzate da Snoop Dogg o Notorious BIG) Queste tre figure mitologiche rappresentano ognuna un modello attraverso il quale, l’eroe inizia il suo percorso verso il compimento del proprio destino, alla ricerca di un significato più profondo e vero della propria esistenza contingente » Il saggio proseguiva e si addentrava nella teoria junghiana applicata al rap, riportando esempi concreti e figure mitologiche che entravano evidenza nei testi di artisti come Chuck D dei Public Enemy o Eazy-E degli NWA, ma io non andrò oltre per mille ovvi motivi Mi premeva solamente concludere questo accenno per cercare di dimostrare ancora una volta perché la musica hip hop ottenuto un consenso popolare così inaspettato, travolgente e multietnico Il rap spesso parla un linguaggio semplice ma eterno e, seppur collocato nell’immediato tramite l’istantanea di un vissuto contingente, racconta le guerre, i viaggi, gli errori e i percorsi degli «eroi», degli «anti-divi», dei «giullari» del nostro tempo, meglio di qualsiasi altro genere musicale attualmente in voga Cercate sempre il senso più profondo in ogni cosa, oltre l’apparenza Rispettate gli artisti Amate la musica Cercate il significato dei testi su genius.com GRAZIE A tutti gli artisti a cui devo moltissimo e a tutte le persone che mi hanno insegnato quello che so A mia figlia per la pazienza e la partecipazione A mia madre che capito da subito che ciò che non capiva era importante per me A tutti coloro che sono ancora interessati a leggere una storia I SAGGI Margherita Hack (con Nicla Panciera), In piena libertà e consapevolezza Vivere e morire da laici Marcello Massimini, Giulio Tononi, Nulla di più grande Dalla veglia al sonno, dal coma al sogno Il segreto della coscienza e la sua misura Don Andrea Gallo (con Maurizio Fantoni Minnella), Io non mi arrendo Alberto Vacca, Duce! Tu sei un Dio! Mussolini e il suo mito nelle lettere degli italiani Mario Avagliano, Marco Palmieri, Di pura razza italiana L’Italia «ariana» di fronte alle leggi razziali Stefano Lucchini, Raffaello Matarazzo, La lezione di Obama Come vincere le elezioni nell’era della politica 2.0 Richard Jacob, Owen Thomas, Come vivere un pene enorme Andrea Branzi, Una generazione esagerata Dario Morelli, E Dio creò i media Televisione, videogame, internet e religione Maurizio Blatto, Mytunes Come salvare il mondo, una canzone alla volta Flavio Tranquillo, Altro tiro, altro giro, altro regalo O anche di quando, come (e soprattutto perché) ho imparato ad amare il Gioco (5ª ediz.) Giacomo Magrograssi, I giochi che giochiamo Le insidie psicologiche che intossicano la nostra vita Robert Greene, Le 48 leggi del potere Alessandro Gilioli, Guido Scorza, Meglio se taci Censure, ipocrisie e bugie sulla libertà di parola in Italia Edoardo Boncinelli, Galeazzo Sciarretta, Homo faber Storia dell’uomo artefice, dalla preistoria alle biotecnologie Marco Pastonesi, Ovalia Dizionario erotico del rugby Andrea Sceresini, Lorenzo Giroffi, Ucraina – La guerra che non c’è Antonio Carlucci, 1992 L’anno che cambiò tutto Andrea Branzi, Introduzione al design italiano Una modernità incompleta Larry Bird, Earvin Magic Johnson, Il basket eravamo noi (2ª ediz.) Bruno Ballardini, ISIS Il marketing dellApocalisse (3ê ediz.) Franco ôBifoằ Berardi, Heroes Suicidio e omicidi di massa Marco Bellinazzo, Goal Economy Come la finanza globale trasformato il calcio (2ª ediz.) Joseph LeDoux, Il cervello emotivo Alle origini delle emozioni Carlo Spinelli, Bistecche di formica e altre storie gastronomiche Viaggio tra i cibi più assurdi del mondo Marco Palmieri, L’ora solenne Gli italiani e la guerra d’Etiopia Angelo Mastrandrea, Lavoro senza padroni Storie di operai che fanno rinascere imprese Mario Arceri, La leggenda del basket (2ª ediz.) Dan Savage, American Savage L’amore rende liberi Vittorio Demicheli, Giulio Mossobrio, Luigi Narbone, Contro la paura Greg Steinmetz, Il creatore di Re Matteo Cruccu, Ex Storie di uomini dopo il calcio (2ª ediz.) Flavio Tranquillo, Basketball R-Evolution (2ª ediz.) Valerio Mattioli, Superonda Bruno Ballardini, Contro lo sport Roberto Condio, I cinque cerchi Storia degli ori olimpici italiani Michael Greger, Sei quel che mangi Il cibo che salva la vita Peter Doherty, Una vita nella scienza Guida per vincere il Premio Nobel Dio e Cesare Storia ed evoluzione del rapporto tra religioni e politica, a cura di Gabriele Palasciano Alberto Forchielli, Michele Mengoli Il potere è noioso Giancarlo Dimaggio,L’illusione del narcisista Gli intrighi dei Cardinali e la potenza dello Spirito Santo, a cura di Monaldi & Sorti Mimmo Cándito, I reporter di guerra Luigi Mastrodonato, Fumo negli occhi Marco David Benadì, Su e giù per la vita Pier Mannuccio Mannucci, Margherita Fronte Cambiamo aria! Paola Zukar, RAP – Una storia italiana ... Graphic designer Alberto Lameri Copertina e tavole interne di Corrado Grilli www.baldinicastoldi.it BaldiniCastoldi baldinicastoldi baldinicastoldi baldinicastoldi Paola Zukar RAP Una storia italiana. .. rap è americano? Corsi di aggiornamento Rap o hip hop? Il rap americano da noi è scomparso Rap italiano Si riparte ancora una volta, 2006 Nuovi leader Il grande salto Il colore dei soldi Il rap. .. Web e rap Blog sul rap Chi scrive di rap in Rete? La questione dei soldi Legale, illegale A chi importa? L’anomalia Società italiana autori ed editori Etichettare la musica Giornalismo e rap Italy

Ngày đăng: 20/01/2020, 10:53

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Mục lục

  • Indice

  • Introduzione

  • Prefazione

  • «L’ETÀ DELL’INNOCENZA»

    • La scoperta del rap

    • La nascita dell’hip hop

    • In Italia

    • I limiti del rap italiano

    • L’Italia è l’Italia

    • Il messaggio nella musica

    • Iniziare non è mai facile

    • L’arte dell’hip hop

    • L’importanza dell’identità culturale

    • Sindrome di fine millennio: il Duemila

    • Il fascino dell’autodistruzione

    • 1, 2, 1, 2, la fondazione

    • In cerca di un nuovo pubblico

    • Il rap è americano?

    • Corsi di aggiornamento

    • Rap o hip hop?

    • Il rap americano da noi è scomparso

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